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Lui & Lei

Diario di un dominante romantico - Parte X - Il racconto dell'ancella


di Membro VIP di Annunci69.it single80fe
09.06.2018    |    3.974    |    3 8.0
"Ignoro i segni che l'albero lascerà sulla mia schiena mentre ti accolgo e mi sento completamente tua..."

Ho deciso di iniziare questo diario, in cui racconterò le mie esperienze, le mie fantasie, i miei desideri. Non è il momento di raccontarvi la genesi, le esperienze che mi hanno portato a scoprire e accarezzare la mia indole. Vi basti, per ora, sapere che la mia dominanza è diversa dalla vulgata, dalla scena e dalla media, che non è solo questione di frusta e dolore, di sesso e controllo. È romanticismo, anche solo per sei ore di sessione, per una volta sola.

Il romanticismo che mi porta a chiamarvi ancelle, che vi ama al di là della noiosa e implacabile monogamia, che non minaccia una lei di coppia, quando le lei delle coppie vogliono sottoporsi ai miei orgasmi, procurati insieme o davanti al marito. Il romanticismo dominante di un uomo libero.

Sono passati due giorni da un incontro molto soddisfacente, con una ancella di 10 anni più giovane di me (ne ho 39). L'ultimo ordine, prima di riprendere i giochi, era quello di scrivere il racconto del nostro incontro, all'aperto: un racconto che diventasse pubblico, che lei potesse leggere dove lo sto postando. E che ci si masturbasse, leggendo i commenti delle persone.

"Mi sto mettendo a scrivere queste parole appena tornata dalla nostra sessione. Dicono che si chiamino così, ma io credo che incontro sia la parola giusta. Mi sei piaciuto fin dai primi scambi, quando ho capito che era difficile incasellarti in etichette come master, dom, dominante. Anche io non amo essere definita troia, slave, succhiacazzi, sub. Non amo le etichette, ma hai scoperto, capito, sentito quanto ami la sottomissione.
Mi hai chiesto di farmi trovare bendata in pineta, dopo due settimane di orgasmi via chat. Ogni sera, ogni notte, non riuscivo più a dormire senza le tue parole, volevo godere delle situazioni che mi facevi immaginare. Mi hai trascinato dove mai avrei pensato di arrivare, ma dove volevo.

Mi sono fatta trovare in pineta, bendata, come mi hai chiesto. Sola.

Ho preso il coraggio a due mani, il cuore batteva all'impazzata mentre guidavo verso il luogo dell'incontro. Non avrei dovuto, troppo rischioso incontrare uno sconosciuto in un luogo isolato. Non so perché, sentivo fiducia nel tuo violentare la mia fantasia e prenderti cura delle mie paure. Ho preso il coraggio a due mani, ripeto, e ho guidato fino alla pineta.

Giorno feriale di primavera, nessuno in giro. Mi addentro, per non farmi rintracciare, da nessuno, se non da te, mio Signore.

Mi spoglio lenta, timorosa, sola. Ti invio la posizione, grazie al telefono. Guardo i piccoli segni sulle gambe, arrossati dalle ortiche che ho dovuto attraversare. Con i tuoi pantaloni lunghi non avrai un problema. Ti immagino, in giacca e cravatta, in pineta per me. Ti immagino, perché non potrò vederti.

Il primo incontro rigorosamente bendata, hai detto.

Il cuore batte forte, appoggio la schiena contro all'albero e, all'orario concordato, intreccio le mani dietro. So che mi legherei i polsi al tronco, anche se non me lo hai detto.

Tengo la posizione, le gambe leggermente divaricate, il sesso esposto alla vista di nessuno, pare. Ma bendata non posso saperlo.

Mi spaventa questo, mi spaventa e mi eccita. Sono sul punto di andarmene, troppo rischi, il lavoro, la famiglia, le violenze. Mi passa tutto questo per la testa, mentre ti aspetto.

Ma poi sento quanto l'eccitazione stia salendo, mi sento bagnata, così nuda, esposta, bendata e con le mani dietro la schiena, che si reggono l'una, all'altra.

Ho impostato la suoneria solo per te. Uno squillo speciale, le prime note di Venus in Furs dei Velvet Underground, ad avvertirmi del tuo arrivo.

Solo i primi tamburi, poi metti giù. E mi bagno, fradicia. Dio santo il potere della mente sul corpo. Per troppo tempo l'ho sottovalutato cercando uomini bellissimi, che poco mi hanno fatto godere. Pensavo di godere, pensavo fosse piacere. Era altro. Era la mia rivincita di brutto anatroccolo, diventata piacente a 25 anni. Quattro anni di uomini, diversi, e poi un adulto.

L'adulto che ora mi è vicino. Ti sento, sento il tuo profumo, il tuo odore. Sei dietro di me, e assicuri i polsi l'uno all'altro. Non sono manette, certamente non quelle pelose con cui ho giochicchiato con i ragazzi del mio passato.

Sento il cuoio, e il suono di una catenella. Sono ancora quasi lucida, mentre mi leghi i posi dietro un tronco di albero. Allargo le gambe, non posso farne a meno.

- Sei pronta? - Ecco la tua voce, la tua voce che mi ha fatto godere alcune notti.
- Sì, Signore.

La esse di Signore, pronunciata come avesse la maiuscola, come mi hai chiesto. Spero tu non sia troppo arrabbiato con me.

- Sono stata brava, Signore?

- Abbastanza, ancella.

Mi rilasso, per un attimo. Poi sento qualcosa tra le gambe. È leggero, mi sfiora appena la figa bagnata. Fresco, sottile. Erba, direi. Un filo d'erba. Stronzo, io muoio di voglia, mi sento finalmente protetta e il meglio che riesci a fare è masturbarmi appena con un filo d'erba? Lo penso, ma non lo dico.

- Grazie, Signore, per toccare il mio corpo.

- Non ti sei ancora guadagnata le mie dita.

Sale la voglia, sento gli umori densi avvolgere l'erba, e continui per un lasso di tempo che non posso definire. Non fai altro, per innumerevoli minuti. Passi solo il filo d'erba sulla mia vagina che vuole tutto, ora, subito. I miei gemiti aumentano appena, nonostante lo sforzo di trattenerli. Ma non posso trattenere i miei umori.

- Ti piace, vero, ancella?

- Sì, Signore.

Non posso dirti che vorrei già un uccello dentro, o almeno qualcosa di più intenso.
Ora non sento più nemmeno il filo, lo hai staccato e io sono intenzionata a pregarti.
Ma prima che io possa parlare sento il filo bagnato sui capezzoli, leggerissimo, e le tue labbra sul mio collo. Mi sto quasi accasciando all'albero, l'eccitazione continua a salire.

Sento le tue labbra scivolarmi sul collo teso, ora. Sento i tuoi denti mordere, piano all'inizio, poi sempre più intensi. Penso che mi lascerai un segno evidente, ma prima che io riesca a pensare di fermarti o a come lo coprirò domani al lavoro, sento le tue dita tra le labbra, e cercano la mia lingua.

Ora è il mio momento: se sarò brava, mi soddisferai, lo so. Inizio a leccarti la punta delle dita, come se fossero il tuo membro. C'è una dimensione diversa, ma il principio è lo stesso. Voglio farti impazzire le dita, voglio che tu desideri di avere la mia bocca, di possederla. Non avevo mai pensato di voler sentire un cazzo in gola così profondamente come ora.

Ti bagno le dita, lenta, lecco e succhio i polpastrelli, le falangi. Ti lascio giocare con la lingua, tra i movimenti delle tue dita, e sento che non ti sto lasciando indifferente.
Mi infili le dita profondamente fino in gola, non faccio una piega. So che arriverà il tuo uccello duro, so che non resisterai alla voglia di usarmi per il tuo piacere.

In fondo, me lo hai promesso.

Finalmente le tue mani. Sento i polpastrelli sul capezzolo ora. So che sta arrivando il dolore, ma incrementerà solo il mio piacere. Stringi un capezzolo tra indice e pollice, piano all'inizio, poi sempre più forte.
Stringi, continui a stringere, incrementi. Quasi ti mordo le dita della mano, ma invece continuo a leccare finché il dolore diventa insostenibile. Mi divincolo, urlo, bagnata.

- Ahiaa.

Uno schiaffo in viso. Ma non mi fa male.

- Non permetterti mai più di non obbedire. - Mi dici, fermo.

So che volevi darmi un segnale, lo schiaffo non era per farmi davvero male. Forse quelli arriveranno, ma mi hai promesso sicurezza, e il mio corpo e la mia anima si stanno affidando a te.

- Apri la bocca - Dici, tenendomi saldo il viso.

Eseguo, e tu ci sputi dentro. Dio, sono umiliata, ma sto adorando la tua saliva, e la mia figa si contrae, quasi urla che ne voglio ancora. Non mi lasci andare, ora fai colare la tua saliva senza sputare. Sento l'odore dei miei umori fino alle narici, e ancora non mi hai toccato. So che lo senti anche tu. So che sei eccitato, non puoi non esserlo. Mi chiedo quanto resisterai alla tentazione di usare il mio corpo e la mia voglia.

- Grazie, Signore. - Ringrazio per la tua saliva, voglio le tue mani.

Mi tocchi, finalmente. Sento il contatto dei tuoi polpastrelli sulla clitoride e sulle labbra. Inizi a masturbarmi e io inizio a non capire più nulla. Bendata e legata, alla tua totale mercé, indifesa ed eccitata, mi masturbi in questa pineta deserta, con qualche passante ignaro potrebbe vederci. O magari hai chiamato un tuo amico o una delle coppie che frequenti per assistere. Il solo pensiero mi fa quasi venire.

- Sei eccitata, sento, ancella. - E mi porgi le dita fradice di me. Le lecco avida, amo sentire il mio sapore mischiato al tuo. Ma sto soffrendo la mancanza di contatto.

- Continui, Signore, la prego.

- Decido io cosa ti meriti, ancella.

Ma scendi, ti piace farmi impazzire di piacere. Scendi a masturbarmi clitoride e labbra, mi tocchi come raramente sono stata toccata. Me lo avevi detto, lo stai facendo. Non resisterò a lungo a questo primo orgasmo.

Infatti.

Le tue dita scivolano dentro, premono dentro di me, dove sono così sensibile, e colo letteralmente sulla tua mano, grido, nella pineta, grido il primo orgasmo regalatomi dal signore.

- Sì, Signore, Dio, grazie.

- Dio non c'entra proprio nulla, ancella. - Dici.

Lo so che ti sei alzato in piedi, e sento l'odore del tuo sesso. Allungo la bocca, la lingua fuori dalle mie labbra. Sei lì, sento il glande sulla punta della lingua e dò qualche colpetto al frenulo. So che ti piace, sono brava. Avvolgo le labbra al glande, senza smettere di picchiettarti con la lingua. So che ti stai godendo la mia bocca, come so che è la quiete prima della tempesta.

Riesco con le labbra e la lingua a scappellarti e ricoprirti, mi sento una regina del pompino. Arrossisco ora, mentre ti scrivo queste parole, ma in quel momento ero la tua dea.

E mentre il mio orgoglio si gonfia, decidi di punirlo. Affondi il cazzo duro fino alla mia gola, quasi mi sento di rigettare, ma resisto, mi rilasso, ti accolgo in tutta la tua, considerevole, lunghezza. Ti sento in gola, mentre, come mi avevi promesso, mi fotti la bocca, con la testa che sbatte sul tronco, legata all'albero.

Il tuo sapore mi eccita ancora, ti sfili per schiaffeggiarmi con il cazzo bagnato dalla mia saliva. Ad ogni colpo: - Grazie, Signore. - Grazie, Signore. - Grazie, Signore.

Sto impazzendo. Voglio la figa e il culo pieni, li voglio da morire. Voglio il tuo cazzo, quello del lui di coppia, dei tuoi amici, voglio i cazzi immaginari che non avrai portato con te, non al primo incontro. Eppure mi sento penetrare a terra, in una posizione impossibile. L'eccitazione non mi rende abbastanza lucida, lo capisco dopo un po' che mi stai scopando con un grosso vibratore mentre mi prendi la bocca con forza.

Non conto più le volte in cui mi hai portata al confine dell'orgasmo per negarmelo solo con il tuo ritmo, con la bocca e la figa piena delle tue voglie.

- Alzati in piedi.

Lo faccio, eseguo, e il vibratore scivola fuori, spinto dalle contrazioni della mia voglia che ormai freme di continuo.

E mi stupisci. Mi baci dolcissimo, cercando piano la mia lingua mentre mi scivoli dentro. Ignoro i segni che l'albero lascerà sulla mia schiena mentre ti accolgo e mi sento completamente tua. Con la durezza, la tenerezza, mi stai possedendo, mi fanno male le spalle, la figa ti cola addosso mentre mi possiedi lento e dolce, mi baci, mi seduci ancora una volta, come fai da quando ti ho conosciuto online.

Le gambe tremano, la voglia ancora cresce e mi sento piena del tuo uccello che ho desiderato così tanto, come questo bacio che vorrei non finisse, ma scivoli e mordi il collo, e continui e ora acceleri e dio non capisco più nulla di quello che capita, cerco di aprire le braccia il cuoio fa male, sono ferma immobile non vedo, deprivata della vista sento crescere l'orgasmo che mi lascerà stordita e incapace di intendere per minuti e minuti, e tu non ti fermi mordi un capezzolo, grido, mi muovo per quel poco che mi è concesso, insisti, spingi forte, sempre più forte, sempre più duro, sempre più intenso e mi sento il tuo cazzo nello stomaco, nella testa, scivoli sempre più facilmente anche se inizio a contrarmi in un orgasmo che ti farà ridere e sorridere di me, e sento il tuo uccello stritolato dalla mia voglia che sta per esplodere in un orgasmo che quasi spero ti faccia godere dentro di me.

- SIIIII - un grido mio - SIII GODO, CONTINUA TI PREGO, CAZZO CONTINUA DIO FOTTIMI SCOPAMI FAMMI GODERE CAZZO SIIIII

Ti esplodo sull'uccello e nelle orecchie, mi sei addosso anche se non posso vederti. Non riesco a stare in piedi, forse mi aiuti, non lo so, non lo capisco, mi scivoli fuori e mi accascio a terra, ma non mi lasci pace e ti infili nella mia bocca continuando a scoparmi allo stesso ritmo, ti sento praticamente uguale a prima, a quando mi eri dentro e ti sento gonfiarti tra le labbra, sento il tuo uccello riempirsi, per me, per il mio corpo e succhio, dio sì che ti succhio perché ora voglio la tua sborra calda in gola e so che la situazione ti ha eccitato quanto ha eccitato me ed eccoti eccola, esplodermi in bocca, quasi va di traverso il primo fiotto che riesco ad ingoiare da brava schivetta - ecco, ce l'hai fatta a farmi sentire la tua schiavetta e mentre lo penso godo ancora - e ancora e ancora schizzi nella mia bocca e continuo ad ingoiarti, a leccarti, mentre rallenti e teneramente quasi ti succhio l'uccello sensibile post-orgasmo, me lo godo ancora duro, lo lecco, lo pulisco, lo succhio, lo adoro, ti adoro, e lo lascio ammorbidire nella mia bocca non abbandonandolo per un tempo che entrambi non possiamo misurare.

- Sei stata stupenda, ancella - dici scendendo a baciare la mia bocca ancora un po' sporca di sperma, del tuo caldo sperma - sei stupenda.

Mi sfiori piano tra le cosce, mi accarezzi il seno, il collo, il viso, ho completamente perso la nozione del tempo e non so per quanto tu lo stia facendo, per quanto lo farai.

So solo che sono legata ad un albero, in compagnia di un dominante sconosciuto, bendata e mi sento al sicuro.

- Ora slegherò i tuoi polsi. Resta lì, io mi allontano. Quando squillerò al tuo telefono potrai togliere la benda, e ricomporti. Tornata a casa, scriverai e descriverai la tua esperienza. La pubblicherò sul profilo nel quale ci siamo conosciuti. Garantirò il tuo anonimato. Il racconto è la prova che ti chiedo per rivederci.

Ed eccomi, Signore, con il tuo racconto. Bagnata, a ripensarci, intimorita da cosa potrai inventare la prossima volta, ed eccitata, per te.

Ma ti prego, la prossima volta, fammi guardare."

Sono soddisfatto di questa ancella. Bella prosa, coinvolgente. Addirittura un principio di flusso di coscienza. Se Joyce potesse ancora avere una erezione, ora l'avrebbe avuta.

Le scrivo un messaggio su Telegram:

- Grazie, ancella, hai superato la prova. Ho sempre desiderato vedere una situazione creata da me, e descritta da una dottoressa di ricerca in lettere. La prossima volta, lascia gli occhiali, non mettere le lenti. Voglio sporcarli di sperma.

- Sì, Signore, la prossima volta verrò con gli occhiali. E prima di andare in Università, li pulirò, ne stia certo, ma grossolanamente. Vorrò passare una giornata intera con l'odore del suo piacere appiccicato al mio viso.

Usa proprio la parola appiccicato, l'ancella. Mi fa intenerire ed eccitare. Spero sia solo la prima di molte avventure. Ve l'avevo detto che ero romantico, no?
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